giovedì 22 gennaio 2009

Doubt. John Patrick Stanley


Stati Uniti, anni 60, in una scuola gestita da suore una di esse sospetta che il prete, molto amato dai fedeli e dagli studenti, possa aver abusato di uno degli studenti, un ragazzino di colore. Quella che per lei è una certezza, non sembra però esserlo altrettanto per le altre persone coinvolte nella vicenda. La splendida sceneggiatura di John Patrick Stanley ruota attorno al concetto di dubbio, i dubbi della giovane Sister James sulla colpevolezza del prete, le certezze, ma non si capisce quanto reali, di Sister Aloysius. Certezze che lei vorrebbe riuscire a trasmettere, forse per superare i dubbi, che anche lei inevitabilmente ha. In modo complesso e articolato la sceneggiatura di Stanley racconta una storia terribile ma semplice e offre un piccolo ma significativo spaccato dell'America che sta uscendo dall'omicidio di JFK, i neri e gli immigrati, le chiese stracolme, una nazione benestante ma piena di incertezze. Il lavoro dei tre protagonisti è superbo, la Streep su tutti, Seymour Hoffman forse il meno incisivo, mentre Amy Adams si conferma bravissima in un ruolo non semplice. Inserita tra i due "avversari", è il personaggio forse più puro, ma di sicuro quello più ingenuo e forse con più dubbi. Intensissima è Viola Davis, la mamma del bambino di colore, in pochissimo tempo delinea un personaggio profondamente complesso, difficilissimo, che si trova, a proprio malgrado, in una situazione da cui vuole uscire, al più presto e in ogni modo, e tutta la difficoltà della situazione è messa in scena in modo splendido dalla Davis, che tiene testa alla Streep in una delle sequenze più belle della pellicola. Nel complesso un film riuscitissimo, importante, che evita giudici semplicistici, pur nell'attualità della situazione, scritto e interpretato in modo magnifico.
9/10

The reader. Stephen Daldry


Ci mancava, in effetti, un film in cui si parlasse di nazismo, non ne avevamo visto già abbastanza. Qui però, bisogna riconoscerlo, si parla si di nazismo si, ma alla fine questa problematica passa in secondo piano rispetto a quello che è il punto centrale della pellicola, il rapporto, inizialmente morboso, tra un ragazzo e un'ex ufficiale nazista, Michael e Hannah. I due si conoscono per caso, lei aiuta lui una sera che si è sentito male nell'androne del suo palazzo. Il ragazzo torna, dopo qualche tempo, per ringraziare la donna e, quasi da subito, nasce tra loro una relazione fatta di sesso e lettura. Lui legge per lei, dall'Odissea a Lady Chatterlay, lei lo ascolta, piange, ride, si emoziona. Questo idillio, sempre sul punto di scoppiare, all'improvviso si spezza, lei infatti sparisce, all'improvviso, senza dire una parola. Lui non riesce a dimenticarla e, una volta che la rivedrà, quando da studente di legge parteciperà alle udienze che la vedono coinvolta, si renderà conto di quanto lei abbia segnato la sua vita. La prima parte è decisamente la più riuscita, il rapporto tra i due, pur senza particolari spiegazioni, è ben raccontato da Daldry e, anche grazie a un'eccellente Winslet, l'impressione di trovarsi dinnanzi a un bell'affresco è evidente. Terminata questa prima fase, con la fine del loro rapporto, finisce la prima parte del film e inizia la seconda, molto più lunga, didascalica, ripetitiva e, fondamentalmente scontata. La sceneggiatura non scava dentro i personaggi, non approfondisce i ruoli, ad esempio la sua famiglia, è evidente che tutta la vita di Oskar è stata influenzata dalla relazione con Hannah, ma tutto è detto in modo assolutamente superficiale. La confezione è comunque buona, il livello tecnico è di livello, e la prova di Kate Winslet, dominatrice e protagonista assoluta della pellicola è, come al solito di livello altissimo. Daldry dirige senza alcun acuto, senza rischiare nulla, fa bene il suo compito, peccato che sia comunque un compito appena sufficiente, quando il materiale a disposizione poteva dare di sicuro qualcosa in più.
5,5/10