sabato 8 novembre 2008

New York, l'America


L'America è una grandissima nazione, piena di contraddizioni e ricca di opportunità. Con profondissime differenze non solo tra una parte e l'altra del paese, ma anche tra zone molto vicine tra loro. E' un paese dove convivono persone di ogni etnia, dove tutte le minoranze sono rappresentate ed è un paese che negli ultimi decenni è riuscito a compiere importantissimi passi in avanti. Rimane, da parte del resto del mondo, una sostanziale diffidenza nei confronti di quanto capita laggiù, ma è innegabile come pochi paesi al mondo siano riusciti ad attirare l'attenzione, positiva e negativa che sia, come son riusciti a fare gli Stati Uniti d'America. Molti si definiscono filo-americani, altri anti-americani, definizioni queste dal significato piuttosto oscuro e insensato, l'America è una nazione troppo grande e complessa per poter risolvere così semplicemente il problema. Nell'immaginario collettivo la città maggiormente rappresentativa degli Stati Uniti non può che essere New York e, vorrei proporre tre domande di un'intervista rilasciata da Paul Auster, scrittore e regista che vive nella Grande Mela, in cui ben si esemplifica, a mio avviso, la direzione verso cui stanno andando gli Stati Uniti in questo periodo.

-Un paese diviso in due: ma qual'è la vera America in cui si troverà a operare Obama per i prossimi quattro anni ?

La vera America secondo me è New York. Gli americani pensano che sia un'isola che appartiene all'Europa e che non ha nulla a che vedere con la realtà della maggior parte del Paese. Io sono di parere diametralmente opposto. New York è un crogiuolo eterogeneo di razze dove il 40 per cento della popolazione è nata fuori dagli Stati Uniti. Siamo otto milioni di persone che vanno piuttosto d'accordo, benchè ci sia un potenziale di tensioni etniche e razziali. E' un miracolo invece che ci sia così tanta armonia nella nostra città e penso che questo possa essere un'ispirazione per i prossimi quattro anni, perchè Obama impersona questa America multirazziale che deve cercare di andare d'accordo con se stessa.

-
Lei sta dicendo che l'identità dell'America è cambiata e che Obama è lo specchio di un multiculturalismo diffuso ?

Si. E' un fenomeno che osservo con mia figlia Sophie. Ha 21 anni, va al college, lei e i suoi amici sono "un-racist".

- E' un neologismo

Intendo dire che non solo non sono razzisti, ma non si pongono neppure il problema. E' come se per loro il colore della pelle non esistesse. E' lo stesso atteggiamento che hanno nei confronti del sesso. Per loro l'orientamento gay è un'identità su cui non vale neppure soffermarsi a riflettere, tanto è insito nella loro cultura. Va al di là della tolleranza. E' un atteggiamento di totale identificazione con il multiculturalismo.

(Da L'Espresso, 13 novembre 2008)


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